domenica 24 aprile 2011

VIAGGIO NEGLI INFERI...

Analizzare la stagione della Juventus il giorno di Pasqua significa fare un viaggio negli inferi con qualche giorno di ritardo. I numeri parlano chiaro: seconda stagione fallimentare consecutiva, probabile mancata partecipazione a qualsiasi manifestazione europea. Per cercare di capire i mali che affliggono la squadra bianconera, vediamo la responsabilità di società, allenatore, squadra e tifosi.

Società - Nonostante gli errori commessi in sede di mercato, la nuova dirigenza ha costruito una squadra che non ha più nulla da condividere con quella nata nel primo immediato post Calciopoli. Come sottolineava ieri Mario Sconcerti, la Juventus nelle ultime partite ha messo in campo otto giocatori acquistati la scorsa estate. Sarà fondamentale il prossimo calcio mercato che dovrà ridurre il gap con Milan e Inter, perché potenzialmente la squadra ha più soluzioni di Lazio, Udinese, Roma e Napoli. Se aggiungeranno talento e personalità avranno completato il puzzle lasciato in eredità da Blance Secco. Importante poi la scelta dell’allenatore: Agnelli ha voglia di vincere, ne scelga uno che sappia concretizzare i suoi desiderata. Buona la gestione dello spogliatoio e la scelta di confermare Delneri quando tutti chiedevano la sua testa. Il rapporto con la stampa merita qualche considerazione: se si decide di polemizzare con un quotidiano, bisogna poi farlo con tutti coloro che riportano informazioni parziali o inesatte. Trascuriamo, in questa sede, la questione arbitri.

Allenatore  - I numeri ci parlano di un Delneri che ripercorre le gesta della coppia Ferrara-Zaccheroni e rischia di emulare Maifredi. Si vede che i Gigi non trovano fortuna in bianconero. La squadra ha reso meno rispetto al proprio potenziale, ha dimostrato limiti di personalità, di continuità e di gioco. La Juventus dei primi mesi della gestione Delneri era caratterizzato da un atteggiamento da grande squadra che cercava di imporre il proprio gioco nonostante grossi limiti difensivi che potevano essere corretti. E qua evidenziamo una grande colpa del tecnico: la difesa continua a incassare reti, ha un atteggiamento tattico troppo estremo che ha dato buoni frutti soprattutto quando la squadra doveva difendersi. L’infortunio di Quagliarella ha rotto per qualche mese il giocattolo: la squadra è andata in crisi di gioco, salvo riprendersi grazie a Del Piero, trascurato per troppo tempo, e al neo acquisto Alessandro Matri. Ieri Delneri ricordava le vittorie contro Roma, Inter e Milan, noi ricordiamo  anche le sconfitte con Parma, Bologna, Lecce, i tanti pareggi e le rimonte subite da Cesena e Catania, non Barcellona e Real Madrid. Tanti motivi per i quali voltare pagina, nonostante Delneri vada elogiato per il suo lavoro nel compattare il gruppo e per la dedizione assoluta.

Squadra – I problemi di personalità che affliggono i giocatori quando indossano il bianconero sembrano più materia da psicologi che da allenatori. La squadra si scioglie alle prime difficoltà e non sa affrontare la pressione che indossare il bianconero comporta. Se pensiamo alla partita di ieri sera, ci viene in mente Motta che dopo un minuto e mezzo commette una brutta entrata beccandosi subito il giallo, Krasic e Pepe che sprecano un clamoroso quattro contro uno e Felipe Melo che compie fallo su Gomez regalando un calcio di punizione negli ultimi secondi di gioco.  I giocatori hanno un grandissimo esempio tra di loro: seguano Alessandro Del Piero e miglioreranno sia come uomini che come calciatori. Per togliere pressione, servono quei tre-quattro acquisti di spessore, a livello tecnico e di leadership, oltre che un allenatore in grado di fare da parafulmine proteggendo la squadra e catturandosi tutte le attenzioni.

Tifosi – Da elogiare per l’affetto e il trasporto che mostrano ogni domenica incitando la Juventus in ogni campo d’Italia e, si spera, d’Europa. Il biglietto costa sempre di più, la squadra non rende come ci si augura, ma il tifo non manca mai. La Juventus ha avuto anche momenti più bui nella sua storia ultra centenaria, ma l’amore per i colori spinge qualche volta a degli eccessi di troppo.

mercoledì 20 aprile 2011

L'ORA DELLE SCELTE. BOAS, MANCINI O MAZZARRI?

E così ci risiamo. Come ogni stagione, a parte il primo anno di Claudio Ranieri sulla panchina bianconera, arriva il momento in cui si saluta l'allenatore di turno per affidare la guida tecnica a un altro uomo. Questa mancanza di continuità spiega in parte i perchè delle difficoltà incontrate dalla Juventus, ma è il frutto di scelte sbagliate, del tutto o in parte, quando si nomina l'allenatore. La decisione che Andrea Agnelli, Beppe Marotta, Fabio Paratici e Pavel Nedved devono prendere in questi giorni, sempre che non l'abbiano già presa, è di fondamentale importanza per il futuro bianconero perché è arrivato il momento di scegliere un uomo cui affidarsi per i prossimi anni. Come scriveva Gino Paoli nella sua canzone Quattro amici al bar, si è partiti da tanti, tantissimi nomi, ma ormai dovrebbero essere rimasti in tre: Walter Mazzarri, Roberto Mancini e Andrè Villas Boas, tutti giovani, uno giovanissimo, e nel momento giusto per arrivare a Torino. Quello che deve avere il nuovo allenatore è la mentalità vincente e la capacità di tirar fuori dai giocatori qualcosa che nemmeno loro sanno di avere. Mazzarri ha dimostrato di possedere queste carattestiche, ha fatto miracoli alla Reggina e sta facendo molto bene a Napoli. L'unica perplessità è sul modulo: la scorsa estate lo staff dirigenziale aveva modellato la squadra su un reparto a 4, se dovesse arrivare Mazzarri bisogna acquistare qualche difensore centrale. Mancini non ha un modulo preferito, usa la difesa a 4, nel suo curriculum vanta tante vittorie, ma va ricordato che la maggior parte di esse le ha vinte dopo Calciopoli quando l'Inter non aveva grandi rivali. E poi c'è l'ipotesi più affascinante: Andrè Villas Boas. Con i suoi trentatré anni è più giovane di Del Piero e più "vecchio" per qualche mese di Buffon, ma nella sua carriera ha dimostrato personalità, carisma e idee ben precise. Il suo è un calcio divertente e spettacolare, basato su una difesa solida: dietro Mourinho, c'era lui con le sue idee tattiche. Potrebbe essere lui l'uomo cui affidarsi per iniziare una nuova era, ma ci vuole coraggio, lo stesso che ebbero Gianni Agnelli e Giampiero Boniperti quando trent'anni fa scelsero prima Armando Picchi e Giovanni Trapattoni come tecnici della Juventus.

NUMERI FALLIMENTARI

Dodici mesi fa nessun tifoso bianconero avrebbe immaginato di trovarsi nell'identica posizione della scorsa stagione. Si invocava il cambio di dirigenza, si invocava Andrea Agnelli, salito poi al trono presidenziale, si voleva la testa di Blanc e Secco, depotenziato il primo mentre l'altro è stato cacciato, si chiedeva un direttore generale, è arrivato Beppe Marotta, ma la Juventus settima era e settima è. Per fare un viaggio dentro la crisi della squadra bianconera partiamo dai freddi numeri. Dopo 33 giornate, Ferrara prima e Zaccheroni poi avevano raccolto 51 punti, frutto di 15 vittorie, 6 pareggi e 12 sconfitte, realizzando 44 reti e subendone 37. A oggi, dopo la rivoluzione estiva, Delneri ha messo in cascina 52 punti grazie a 14 vittorie, 10 pareggiate e 9 sconfitte, andando a segno in 50 occasioni ma vedendo per 40 volte gli avversari in rete. Quasi indentico l'andamento in casa, mentre la squadra di Ferrara-Zaccheroni in trasferta era molto più fragile. Quasi sicuramente Del Piero e compagni finiranno la stagione con più punti visto che l'anno scorso si realizzò un magrissimo bottino di 4 punti in 5 partite subendo 19 reti infangando la dignità dei colori bianconeri. Numeri che quindi contrastano con l'ottimismo di Delneri e che fanno echeggiare, ancora una volta, la parola fallimento abbinata a preliminari di Europa League. Da qui si deve partire per analizzare la stagione della Juventus per capire che cosa debba essere salvato e che cosa invece debba cambiare. Un aspetto comune è la perdita del Dna vincente che le squadre pre Calciopoli, con qualsiasi allenatore in panchina, aveva dimostrato di possedere: da Ranieri a Delneri, la Juventus ha fallito le occasioni per agguantare un treno che passava davanti agli occhi. Ultimo esempio l'andamento della partita di ieri pomeriggio a Firenze quando la Juventus è entrata in campo con un atteggiamento passivo. Come si può cambiare questa china pericolosa da cui non si sa più uscire? Prendendo giocatori di forte personalità, leader tecnici e mentali, in grado di trainare tutti i compagni senza dimenticare che la mentalità vincente viene trasmessa da società e da allenatore. Per questo non si può essere soddisfatti del lavoro di Delneri, pur rispettandolo totalmente, e bisogna cambiare ancora pagina.

SEMPRE PIU' UN MIRAGGIO

Rinnovare l'abbonamento per vedere alla televisione la prossima Champions League. E' questo quello che hanno fatto i giocatori e i dirigenti bianconeri dopo la trasferta di Firenze. Si sapeva che l'impegno contro la Fiorentina sarebbe stato molto complicato, ma ci si aspettava uno spirito totalmente diverso, un piglio da grande squadra che prova a dettare il proprio gioco e non solamente a chiudersi per ripartire in contropiede. Ci ricordiamo delle battaglie giocate al Franchi, partite tirate fino al novantesimo minuto, in cui entrambe le squadre provavano a vincere. E spesso a farlo è stata la Juventus, ma quella di oggi non riesce a fare il salto che la renderebbe una grande squadra rimanendo così un'incompiuta. I bianconeri avevano l'occasione per superare la Roma e continuare a credere nel sogno Champions che ora è diventata una chimera. La Fiorentina ha fatto la partita, ha dettato il ritmo del gioco, è stata fermata solamente da una grande coppia difensiva Barzagli-Bonucci, ma si è dimostrata molto più aggressiva. Si sapeva che si sarebbe incontrato un avversario col coltello tra i denti, ma i bianconeri, il coltello, lo avevano dimenticato in cucina dopo aver tagliato una bella fetta di carne. Di chi sono le colpe? Se una squadra non riesce a cogliere le occasioni significa che qualcosa manca anche tra i giocatori, soprattutto a livello di leadership, ma suggeriamo di iniziare dal manico. Serve un allenatore carismatico, perché il settimo posto a Torino resta sempre e solamente un fallimento.

venerdì 8 aprile 2011

POTERI FORTI

Adriano Galliani. Nell'udienza di ieri, Gianfelice Facchetti ha fatto il nome dell'amministratore delegato del Milan. Tra gli appunti di suo padre, Giacinto, si legge infatti dell'esistenza di un doppio sistema, quello  che sarebbe stato organizzato da Luciano Moggi e dagli altri imputati e un altro che avrebbe fatto riferimento a Galliani. Stesso teorema accusatorio che Francesco Saverio Borrelli, nominato nella calda estate 2006 capo dell'Ufficio Indagine della Figc, aveva avanzato al termine delle sue investigazioni. Perché i pubblici ministeri di Napoli hanno indagato solamente in una direzione tralasciano la pista investigativa che portava al Milan? Perché sono ancora in attività guardalinee che intrattennero rapporti con Meani? Perché non se ne parla mai? Forse perché il potere mediatico è davvero forte, come ha sempre dettto Luciano Moggi.

ASSOLTI O CONDANNATI?

Ma Luciano e Alessandro Moggi sono stati condannati, assolti o cos'altro? A leggere i titoli dei principali quotidiani viene un po' di mal di testa e la confusione regna sovrana. Come abbiamo detto ieri, così come nel processo di primo grado, anche la Corte d'Appello ha sentenziato che il calcio italiano non è stato governato da un'associazione a delinquere che controllava il mercato. Luciano e Alessandro Moggi sono stati condannati per il reato di violenza privata (Luciano) e di tentata violenza privata (Alessandro) con una pena ridotta perché nel frattempo l'episodio Moggi-Amoruso è caduto in prescrizione. Basta leggere le richieste dei pm che aveva chiesto per Moggi senior 4 anni e 8 mesi, per Moggi jr 4 anni e, richiedendo pene anche per i tre imputati già assolti in primo grado (Davide Lippi, Francesco Zavaglia e Francesco Ceravolo), riproponendo la tesi di associazione a delinquere, smentita dalla Corte, e le condanne, un anno per Luciano Moggi, 5 mesi per Alessandro, per comprendere la realtà dei fatti. Insomma, i giornali ci vedano quello che vogliono vedere. Prendere parte della realtà e fare il titolone solo su un determinato aspetto serve solamente a mistificare, in parte, la verità.

BENVENUTI A FARSOPOLI

"Non c’è nulla da ridere, qui c’è gente che è imputata per niente". La frase di Prioreschi, in risposta a un atteggiamento di Nucini, sentiamo di farla nostra. Com'è stato possibile tutto ciò? Il processo di Napoli ieri ha vissuto una giornata importante con le deposizioni dell'ex arbitro Nucini, di Gianfelice Facchetti e di Maurizio Zamparini dimostrando che è un dibattimento costruito sulle chiacchiere, sulle sensazioni e sulle opinioni comuni. Questa è Farsopoli e dopo martedì lo si è capito ancora di più. Ormai le certezze granitiche degli accusatori iniziano a sciogliersi come neve al sole. Solamente che di bianco, simbolo di purezza, in questa storia non c'è proprio nulla, anzi è tutto inquinato. Nucini diventerà l'emblema di questo processo. Presentato come il Cavallo di Troia, ha messo in mostra la sua arroganza nei confronti del giudice Casoria e degli avvocati difensori. Tante, tantissime le contraddizioni in cui l''ex arbitro è caduto come fa notare anche La Gazzetta dello Sport. La sensazione di essere stati presi in giro si fa sempre più più forte così come il senso di nausea. Le scuse in questo caso non basteranno, non sarà sufficiente un "scusate, abbiamo sbagliato". In questi anni è stato permesso di scrivere un'altra storia cancellandone una. Qualcuno dovrà risponderne.

NOSTALGIA CANAGLIA

Ci sono serate che nascono speciali e come tali finiscono. Vedere Zinedine Zidane che serve una palla al bacio per Pavel Nedved è stata un'emozione forte. Zizou, Pavel, Edgar, Paolo, Moreno, Alessio, Mark, Gianluca e Fabrizio. Allenati da Marcello. La Juventus della Triade che ha vinto in Italia e in Europa era formata da uomini veri e grandissimi giocatori. Inutile fare paragoni con chi indossa ora la maglia bianconera. Mancano giocatori di caratura, servono come il pane per far ritornare la Juventus protagonista in Italia. Teniamoci le emozioni di questa serata magnifica, ma ricordiamoci lo scopo della manifestazione. Combattere la Sla, una malattia tremenda. I 223 mila euro che sono stati raccolti valgono di più di una magia di Zizou o di una falcata di Pavel. Per questo, mandare un sms al 45505 è un gesto semplice, ma stupendo.

Exor, che liquidità in cassa!

Nella giornata di lunedì si è svolto il consiglio d'amministrazione di Exor, la cassaforte di famiglia Agnelli e proprietaria della Juventus. L'assemblea presieduta da John Elkann ha approvato il bilancio del 2010 che vede la società d'investimenti tornare in utile: il risultato consolidato è di 136.7 milioni di euro a fronte della perdita di 388,9 milioni nel 2009 con un incremento di 525.6 milioni. In crescito anche il Net (valore netto degli attivi) che ha raggiunto gli 8,3 milardi di euro. Numeri in crescita che certificano l'ottimo stato di salute che sta vivendo la società proprietaria della Juventus. Scenario reso ancora più postivo dalle prospettive per il 2011 che sono infatti ancora più rosee. Aumentano, quindi, le richiesta da parte dei sostenitori bianconeri di un investimento per rilanciare le ambizioni della Juventus: la cassa non langue, la speranza dei tifosi è che si scelga di immettere liquidità nella Juventus e non solo nel cricket o nel mondo dell'editoria.  Ne sapremo sicuramente di più il prossimo 28 aprile quando si terrà l'assemblea degli azionisti Exor.