domenica 20 gennaio 2013

Lega Calcio, aveva ragione Weah: "E' tutto un magna magna"

Oggi vi vogliamo raccontare una storia. Un consiglio: prendetevi del tempo e seguite con attenzione le tappe della vicenda.
Quanto successo è ormai noto a tutti: Maurizio Beretta riconfermato Presidente della Lega Serie A, Adriano Galliani vice-presidente, Claudio Lotito e Antonino Pulvirenti nominati consiglieri federali, mentre Cairo, Cellino, Ghirardi, Guaraldi, Percassi, De Laurentiis, Pozzo, Preziosi e Lo Monaco sono consiglieri di Lega. Juventus, Inter, Roma e Fiorentina grandi sconfitte e fuori dai giochi praticamente per un quadriennio.
Ora riavvolgiamo il nastro e andiamo indietro nel tempo fino al 2008. A pagina 9 del "Corriere Economia" del 14 luglio 2008 troviamo questo articolo "Quel Bogarelli sembra Galliani" a firma Turano Gianfrancesco. Cosa è successo? "Nella gara per l' incarico di advisor sui diritti del pallone la ex Media partners di Marco Bogarelli (48 milioni di euro di ricavi 2007) ha messo in fila colossi del credito come Rothschild e Mediobanca oltre che Img e Sportfive, le principali agenzie internazionali di management sportivo. (...) L' incarico dovrebbe essere formalizzato martedì 15 luglio nell' assemblea straordinaria della Lega Calcio, presieduta da Antonio Matarrese, anche se qualche club ha digerito a fatica la decisione. Alla testa della fronda c' è la Juventus, che caldeggiava la nomina di Rothschild e ha eccepito sugli aspetti giuridici dell' accordo".
Qual è la preoccupazione di alcuni? Citiamo ancora: "Il club più scudettato d' Italia teme di perdere il controllo delle operazioni a favore dello strapotere milanista. Infront non sarebbe altro che il braccio di Adriano Galliani, a sua volta plenipotenziario di Silvio Berlusconi per il calcio, in una fase di passaggio molto delicata. (...) Una Infront in maglia rossonera? Il sospetto è fondato. Bogarelli, presidente di Infront Italia, ha ottimi rapporti di affari con il gruppo Fininvest-Mediaset. È tuttora consigliere di Milan channel, la tv tematica del club realizzata insieme a Riccardo Silva".
Ok, ma chi è Infront? La risposta ce la dà "Il Sole-24 ore" in un articolo apparso il 4 giugno 2011 a firma Gianni Dragoni dal titolo "Connflitto d'interessi": "Agenzia svizzera di marketing che compra in blocco diritti sportivi, soprattutto nel calcio e li vende alle televisioni di tutto il mondo.L'amministratore delegato della Infront, dai primi mesi del 2006, è Philippe Blatter, formatosi in McKinsey. Un altro Blatter, Joseph, è presidente della Fifa dal 1998 (...)Infront opera anche in Italia con una controllata, guidata da Marco Bogarelli, ex Media Partners, manager vicino all'ambiente Mediaset. Infront Italy è stata scelta dalla Lega calcio nel 2009 come advisor per la vendita collettiva dei diritti tv, a partire dal campionato scorso, con un minimo garantito di circa 900 milioni l'anno. Infront ha anche curato la vendita dei diritti tv per i mondiali di pallavolo 2010."
Altra spiegazione ce la dà Aldo Grasso il 13 agosto 2010 in un articolo pubblicato sul "Corriere della Sera" intitolato "Alla regia ci pensano i club. È la svolta del calcio in tv". Citiamo ancora: "Due anni fa ha acquistato Media Partners, creata nel 1995 da Rodolfo Hecht, Marco Bogarelli, Andrea Locatelli, Andrea Abodi. Marco Bogarelli è ora presidente di Infront Italia, Andrea Locatelli vice e, guarda caso, Andrea Abodi è il nuovo presidente della Lega di serie B, con un'elezione che ha fatto molto discutere. (...) Infront Italia, oltre a essere l'advisor strategico di Lega Calcio per l'offerta e commercializzazione dei diritti tv e media dei campionati di serie A e B, Coppa Italia e Supercoppa italiana (garantendo, solo per la serie A, una cifra che si aggira sui 900 milioni all'anno), si occupa anche di attività di marketing, advertising, sponsor e strategie di promozione per il Milan, la Lazio, il Palermo, il Cagliari e il Genoa". Alt, fermi un attimo. Quali squadre? Magari Grasso si è sbagliato. Controlliamo, per sicurezza, sul sito Internet della stessa Infront: "Fiore all'occhiello delle sue attività sono il ruolo di Advisor della Lega Calcio per la commercializzazione dei diritti tv e media dei campionati di calcio di serie A e B, Coppa Italia e Supercoppa Italiana, nonché la gestione marketing e sponsoring di A.C. Milan, S.S. Lazio, U.S. Città di Palermo, Cagliari Calcio e Genoa Cfc". Guarda caso Galliani vice presidente Lega, Lotito consigliere Federale, Preziosi e Cellino consiglieri di Lega.
Ma chi sono Marco Bogarelli e Andrea Locatelli? Aldo Grasso ci viene in aiuto "mentre erano ben note le «ottime relazioni» di Bogarelli con Adriano Galliani e Silvio Berlusconi". Bogarelli consigliere di Milan Channel e in ottimi rapporti con il club rossonero, mentre Andrea Locatelli "ha lavorato per otto anni in Fininvest nella settore dei diritti sportivi". Così ci spiega Turano che aggiunge: "E c' è persino una sinergia familiare. Bruno Bogarelli, fratello maggiore di Marco, è alla guida di Interactive, la società che fornisce i contenuti a Europa tv-Sportitalia di Tarak Ben Ammar, consulente di Silvio Berlusconi e Rupert Murdoch". Bruno Bogarelli, manager cresciuto nell'allora Finivest e primo direttore di Video-news (testata giornalistica dell'odierna Mediaset) nel biennio 1987-1989.
E Beretta? Ricorda "Il Sole 24-ore": "E' stato eletto presidente della Lega nel 2009, mentre era nel cda di tre società del gruppo Erg, controllato da Riccardo Garrone, proprietario della Sampdoria: in questi cda Beretta è rimasto per oltre un anno. Nel marzo 2011 Beretta è stato assunto come direttore delle relazioni esterne all'Unicredit, la banca azionista di peso dell'As Roma e sponsor della Champions League, ma non ha lasciato la poltrona in Lega. Prima di lui, Adriano Galliani è stato presidente di Lega mantenendo la carica di a.d. del Milan, mentre il proprietario del club, Silvio Berlusconi, era presidente del Consiglio".
Beretta si era dimesso nel 2011, proprio perché impegnato in Unicredit con una Lega bisognosa di un presidente a tempo pieno. Forse ora lo ha trovato con Galliani e con un consiglio formato da fedelissimi uniti da Infront e nuovi adepti.
Nulla di vietato, ma il legame Blatter-Infront-Bogarelli-Mediaset-Milan-Lazio-Genoa-Cagliari-Palermo ha tutto il sapore di un conflitto d'interessi niente male. E intato, il calcio italiano perde sempre più colpi, non solo sul campo, ma anche e soprattutto a livello industriale, mentre la Bundes ci raddoppia per fatturato. Il potere, quello vero e forte, è in queste mani. Come Roberto Baggio ha insegnato a George Weah "non ti meravigliare qui è tutto un magna magna!"

venerdì 18 gennaio 2013

Forte coi deboli, debole coi forti


La sentenza di secondo grado con assoluzione di Grava e Cannavaro, ma soprattutto la restituzione al Napoli dei due punti di penalizzazione sono argomenti che fanno discutere e che hanno fatto gridare alcuni allo scandalo. Come hanno fatto i giudici a smontare quanto richiesto da accusa e accettato in primo grado? Tutto dipende da due passi indipendenti ma strettamente connessi. Grava e Cannavaro sono stati assolti dall'accusa di omesssa denuncia, per Gianello si passa da violazione dell'articolo 7 (illecito) a quella degli articoli 1 e 6 (sleatà sportiva e divieto di scommesse). La reponsabilità oggettiva nei confronti del club da una penalizzazione in punti viene quindi comminata in una multa di 50mila euro. In definitiva, viene quindi smentito Gianello, non è stato proposto nessun illecito sportivo, è stata tutta una bolla di sapone che si è vaporizzata.
Questa è la storia dal quale si possono trarre indicazioni. Come diciamo da mesi, la responsabilità oggettiva deve essere profondamente corretta e sottoposta a un processo di correzione. In secondo luogo, entra ancora in ballo il discorso dei pentiti rei confessi una volta che sono stati scoperti. Senza nessun riscontro, la loro parola può essere considerata frutto d'immaginazione e figlia di una volontà di allegire la propria posizione alla ricerca di qualche sconto che Palazzi proporrà (è quanto più o meno detto dal Tnas nel lodo Fontana).
Una vicenda, quella del Napoli, che se paragonata a quelle vissute quest'estate da diversi personaggi, ma soprattutto da più club lascia davvero sgomenti e col pensiero che a squadre come Torino, Atalanta, Siena e Sampdoria sia davvero una porcheria. Senza, ovviamente, dimenticare Conte e tutti i tesserati accusati solamente sulla base di parole di pentiti.
Una giustizia sportiva forte coi deboli, debole coi forti? Verrebbe da rispondere di sì. In fondo è lo stesso atteggiamento da parte dei media: innocentisti per quanto riguarda il Napoli (e sulla Lazio sono già partiti i primi colpi di cannone), colpevolisti per Conte e indifferenti per i deboli. E tra questi, dal 2006, mettiamo anche la Juventus e i suoi tesserati: il principio d'iinnocenza per i bianconeri non vale, fa più rumore, riempie giornali, addombrare nuvole nere all'orizzonte e farsi guidare dalle proprie pulsione creando quel "sentimento popolare" che resta una mostruosità.
Per quanta riguarda il campo, aspetto che dovrebbe contare di più, la felicità per un Napoli nuovamente con i punti conquistati è viva (il club pagava colpe non sue) e la certezza è che vincerà il migliore. 

martedì 10 maggio 2011

ANDREA, FAI COME PAPÀ. SORPRENDICI...

Il ventisette maggio del 2004 una triste notizia si sparse immediatamente per tutta l'Italia. Umberto Agnelli è morto. Mezz'ora dopo, la Juventus comunica che Fabio Capello è il sostituto di Marcello Lippi alla guida della Juventus. Smentite le previsioni giornalistiche che davano come imminente la firma di Didier Deschamps, uscito vincitore nella lotta a tre con Cesare PrandellI e Francesco Guidolin. Una delle ultime volontà delll'allora presidente Fiat fu quella di scegliere il meglio per la sua Juventus, l'ultimo regalo per la squadra del cuore. A sette anni di distanza tocca a sua figlio, Andrea, prendere una decisione fondamentale per il futuro della società bianconera. Sembra fatta per Mazzarri, ma si mormora di Van Gaal e Conte spera ancora. Noi ci aspettiamo una sorpresa in grande stile. Serve un grande nome, un allenatore vincente, per dare garanzia a tifosi e giocatori trasmettendo un segnale  fondamentale: si vuole vincere. Per carità, tutti i nomi accostati alla Juventus in queste settimane rappresentano, non ce ne voglia Delneri. un salto di qualità rispetto alla gestione attuale, ma non rappresentano delle certezze assolute. A Torino, sponda bianconera, deve ritornare un totem in panchina. Andrea, soprendi tutti e fai il primo regalo da presidente.

John, sei diventato juventino?

Sette maggio 2006. Lo scandalo Calciopoli è appena agli inizi ma ha già manifestato tutta la sua forza. John Elkann interviene per la prima volta sulle vicende di casa bianconera e scarica in pochi secondi una storia decennale piena di successi e trionfi. Addio alla Triade, spazio al pupillo Jean Claude Blanc e Cobolli Gigi, rinuncia a combattere in sede giudiziaria. Si riparte dalla B, John e Lapo si presentano allo stadio con un polsino tricolore. La Juventus è nelle loro mani, ma presto nessuno è contento. I tifosi imputano ai due eredi di casa Agnelli un disinteresse per le vicende bianconere e i risultati danno ragione ai contestatori che invocano il cugino Andrea. Il figlio di Umberto ritorna in società e diventa il Presidente, ma la stagione è ancora fallimentare. Via Elkann, via la Fiat, spazio a un nuovo proprietario che spenda per la Juventus e non si interessi al cricket e alla Formula 1. I soldi ci sono, perché John non investe? La domanda che si facevano tutti i tifosi bianconeri, ma poi sono arrivate le dichiarazioni di ieri: la proprietà è pronto a investire, la Juventus deve ritornare grande. Perché questo cambiamento? John è diventato improvvisamente un tifosissimo bianconero? Più facile ipotizzare che Elkann abbia compreso che una società di calcio dà grande vetrina a chi è proprietario. Perdere tifosi e popolarità, questo era il destino della Juventus e di John senza interventi. Ora i tifosi aspettano il prossimo mercato: vincere a Torino è sempre stata l’unica cosa che conta.

domenica 24 aprile 2011

VIAGGIO NEGLI INFERI...

Analizzare la stagione della Juventus il giorno di Pasqua significa fare un viaggio negli inferi con qualche giorno di ritardo. I numeri parlano chiaro: seconda stagione fallimentare consecutiva, probabile mancata partecipazione a qualsiasi manifestazione europea. Per cercare di capire i mali che affliggono la squadra bianconera, vediamo la responsabilità di società, allenatore, squadra e tifosi.

Società - Nonostante gli errori commessi in sede di mercato, la nuova dirigenza ha costruito una squadra che non ha più nulla da condividere con quella nata nel primo immediato post Calciopoli. Come sottolineava ieri Mario Sconcerti, la Juventus nelle ultime partite ha messo in campo otto giocatori acquistati la scorsa estate. Sarà fondamentale il prossimo calcio mercato che dovrà ridurre il gap con Milan e Inter, perché potenzialmente la squadra ha più soluzioni di Lazio, Udinese, Roma e Napoli. Se aggiungeranno talento e personalità avranno completato il puzzle lasciato in eredità da Blance Secco. Importante poi la scelta dell’allenatore: Agnelli ha voglia di vincere, ne scelga uno che sappia concretizzare i suoi desiderata. Buona la gestione dello spogliatoio e la scelta di confermare Delneri quando tutti chiedevano la sua testa. Il rapporto con la stampa merita qualche considerazione: se si decide di polemizzare con un quotidiano, bisogna poi farlo con tutti coloro che riportano informazioni parziali o inesatte. Trascuriamo, in questa sede, la questione arbitri.

Allenatore  - I numeri ci parlano di un Delneri che ripercorre le gesta della coppia Ferrara-Zaccheroni e rischia di emulare Maifredi. Si vede che i Gigi non trovano fortuna in bianconero. La squadra ha reso meno rispetto al proprio potenziale, ha dimostrato limiti di personalità, di continuità e di gioco. La Juventus dei primi mesi della gestione Delneri era caratterizzato da un atteggiamento da grande squadra che cercava di imporre il proprio gioco nonostante grossi limiti difensivi che potevano essere corretti. E qua evidenziamo una grande colpa del tecnico: la difesa continua a incassare reti, ha un atteggiamento tattico troppo estremo che ha dato buoni frutti soprattutto quando la squadra doveva difendersi. L’infortunio di Quagliarella ha rotto per qualche mese il giocattolo: la squadra è andata in crisi di gioco, salvo riprendersi grazie a Del Piero, trascurato per troppo tempo, e al neo acquisto Alessandro Matri. Ieri Delneri ricordava le vittorie contro Roma, Inter e Milan, noi ricordiamo  anche le sconfitte con Parma, Bologna, Lecce, i tanti pareggi e le rimonte subite da Cesena e Catania, non Barcellona e Real Madrid. Tanti motivi per i quali voltare pagina, nonostante Delneri vada elogiato per il suo lavoro nel compattare il gruppo e per la dedizione assoluta.

Squadra – I problemi di personalità che affliggono i giocatori quando indossano il bianconero sembrano più materia da psicologi che da allenatori. La squadra si scioglie alle prime difficoltà e non sa affrontare la pressione che indossare il bianconero comporta. Se pensiamo alla partita di ieri sera, ci viene in mente Motta che dopo un minuto e mezzo commette una brutta entrata beccandosi subito il giallo, Krasic e Pepe che sprecano un clamoroso quattro contro uno e Felipe Melo che compie fallo su Gomez regalando un calcio di punizione negli ultimi secondi di gioco.  I giocatori hanno un grandissimo esempio tra di loro: seguano Alessandro Del Piero e miglioreranno sia come uomini che come calciatori. Per togliere pressione, servono quei tre-quattro acquisti di spessore, a livello tecnico e di leadership, oltre che un allenatore in grado di fare da parafulmine proteggendo la squadra e catturandosi tutte le attenzioni.

Tifosi – Da elogiare per l’affetto e il trasporto che mostrano ogni domenica incitando la Juventus in ogni campo d’Italia e, si spera, d’Europa. Il biglietto costa sempre di più, la squadra non rende come ci si augura, ma il tifo non manca mai. La Juventus ha avuto anche momenti più bui nella sua storia ultra centenaria, ma l’amore per i colori spinge qualche volta a degli eccessi di troppo.

mercoledì 20 aprile 2011

L'ORA DELLE SCELTE. BOAS, MANCINI O MAZZARRI?

E così ci risiamo. Come ogni stagione, a parte il primo anno di Claudio Ranieri sulla panchina bianconera, arriva il momento in cui si saluta l'allenatore di turno per affidare la guida tecnica a un altro uomo. Questa mancanza di continuità spiega in parte i perchè delle difficoltà incontrate dalla Juventus, ma è il frutto di scelte sbagliate, del tutto o in parte, quando si nomina l'allenatore. La decisione che Andrea Agnelli, Beppe Marotta, Fabio Paratici e Pavel Nedved devono prendere in questi giorni, sempre che non l'abbiano già presa, è di fondamentale importanza per il futuro bianconero perché è arrivato il momento di scegliere un uomo cui affidarsi per i prossimi anni. Come scriveva Gino Paoli nella sua canzone Quattro amici al bar, si è partiti da tanti, tantissimi nomi, ma ormai dovrebbero essere rimasti in tre: Walter Mazzarri, Roberto Mancini e Andrè Villas Boas, tutti giovani, uno giovanissimo, e nel momento giusto per arrivare a Torino. Quello che deve avere il nuovo allenatore è la mentalità vincente e la capacità di tirar fuori dai giocatori qualcosa che nemmeno loro sanno di avere. Mazzarri ha dimostrato di possedere queste carattestiche, ha fatto miracoli alla Reggina e sta facendo molto bene a Napoli. L'unica perplessità è sul modulo: la scorsa estate lo staff dirigenziale aveva modellato la squadra su un reparto a 4, se dovesse arrivare Mazzarri bisogna acquistare qualche difensore centrale. Mancini non ha un modulo preferito, usa la difesa a 4, nel suo curriculum vanta tante vittorie, ma va ricordato che la maggior parte di esse le ha vinte dopo Calciopoli quando l'Inter non aveva grandi rivali. E poi c'è l'ipotesi più affascinante: Andrè Villas Boas. Con i suoi trentatré anni è più giovane di Del Piero e più "vecchio" per qualche mese di Buffon, ma nella sua carriera ha dimostrato personalità, carisma e idee ben precise. Il suo è un calcio divertente e spettacolare, basato su una difesa solida: dietro Mourinho, c'era lui con le sue idee tattiche. Potrebbe essere lui l'uomo cui affidarsi per iniziare una nuova era, ma ci vuole coraggio, lo stesso che ebbero Gianni Agnelli e Giampiero Boniperti quando trent'anni fa scelsero prima Armando Picchi e Giovanni Trapattoni come tecnici della Juventus.

NUMERI FALLIMENTARI

Dodici mesi fa nessun tifoso bianconero avrebbe immaginato di trovarsi nell'identica posizione della scorsa stagione. Si invocava il cambio di dirigenza, si invocava Andrea Agnelli, salito poi al trono presidenziale, si voleva la testa di Blanc e Secco, depotenziato il primo mentre l'altro è stato cacciato, si chiedeva un direttore generale, è arrivato Beppe Marotta, ma la Juventus settima era e settima è. Per fare un viaggio dentro la crisi della squadra bianconera partiamo dai freddi numeri. Dopo 33 giornate, Ferrara prima e Zaccheroni poi avevano raccolto 51 punti, frutto di 15 vittorie, 6 pareggi e 12 sconfitte, realizzando 44 reti e subendone 37. A oggi, dopo la rivoluzione estiva, Delneri ha messo in cascina 52 punti grazie a 14 vittorie, 10 pareggiate e 9 sconfitte, andando a segno in 50 occasioni ma vedendo per 40 volte gli avversari in rete. Quasi indentico l'andamento in casa, mentre la squadra di Ferrara-Zaccheroni in trasferta era molto più fragile. Quasi sicuramente Del Piero e compagni finiranno la stagione con più punti visto che l'anno scorso si realizzò un magrissimo bottino di 4 punti in 5 partite subendo 19 reti infangando la dignità dei colori bianconeri. Numeri che quindi contrastano con l'ottimismo di Delneri e che fanno echeggiare, ancora una volta, la parola fallimento abbinata a preliminari di Europa League. Da qui si deve partire per analizzare la stagione della Juventus per capire che cosa debba essere salvato e che cosa invece debba cambiare. Un aspetto comune è la perdita del Dna vincente che le squadre pre Calciopoli, con qualsiasi allenatore in panchina, aveva dimostrato di possedere: da Ranieri a Delneri, la Juventus ha fallito le occasioni per agguantare un treno che passava davanti agli occhi. Ultimo esempio l'andamento della partita di ieri pomeriggio a Firenze quando la Juventus è entrata in campo con un atteggiamento passivo. Come si può cambiare questa china pericolosa da cui non si sa più uscire? Prendendo giocatori di forte personalità, leader tecnici e mentali, in grado di trainare tutti i compagni senza dimenticare che la mentalità vincente viene trasmessa da società e da allenatore. Per questo non si può essere soddisfatti del lavoro di Delneri, pur rispettandolo totalmente, e bisogna cambiare ancora pagina.